martedì 25 novembre 2008

Aniello Montano a Ottaviano: "Solitudine e solidarietà"

LIONS CLUB OTTAVIANO
METART Arte Contemporanea
Presentazione del libro
SOLITUDINE E SOLIDARIETA'
Saggi su Sartre, Merleau-Ponty e Camus
Edizioni Bibliopolis – Napoli
di
ANIELLO MONTANO
(Università di Salerno)
In mostra ceramiche d’autore di Michela e Enzo Angiuoni
a cura di Gaetano Romano
Interverranno
Giuseppe Oriolo
Gaetano Romano
Enzo Rega
sarà presente l’autore
Venerdì 28 novembre 2008 - Ore 18
Galleria METART – via Pentelete 36 OTTAVIANO (NA)

Tel : 081 - 8270344 Mobile : 3333584458
Web: http://www.metart.it/ http://www.metartcontemporanea.com/
Mail : MetartContemporanea@gmail.com

domenica 9 novembre 2008

Silvio e Barack

Il nostro Presidente del Consiglio non perde occasione per non smentire il suo pessimo senso dell'umorismo. Spesso non si capisce se lo è o se ci fa. Sembrano un po' quelle storiche gaffes di Mike Bongiorno: non si capiva quanto spontanee o quanto intenzionali per coltivare il personaggio e fare comunque - anche in quel modo - audience. La differenza - non di poco conto - è che il Mike nazionale faceva solo il conduttore televisivo e le sue gaffes riguardavano questioni trascurabili: che la Longari cadesse o meno sul pisello (o sull'uccello: non ricordo) era cosa che non toccava equilibri internazionali; tutt'al più argomento di discussione per l'italietta nostrana e teledipendente.
Il Silvio nazionale - e, ahinoi, internazionale - dimentica che invece questa italietta lui la rappresenta, e la rappresenta sempre più come un'italietta ridicola nella quale si fanno le corna al vicino nelle foto ufficiali, si loda l'avvenenza del collega danese proponendo di presentarlo alla moglie perché dimentichi Cacciari, ci si dà le pacche sulle spalle con i George W. e Vladimir di turno, ai quali fare riferimento come amici di boccette per sottolineare come ci si sta in confidenza ecc. Salvo poi a accusare gli altri di non avere il senso dell'umorismo: certo non il suo perverso e pericoloso. L'imbecille non è lui, ma gli altri che hanno fatto notare che la battutta era di cattivo gusto! - questa la logica del nostro. E giù a prendersela con la sinistra nostrana: dimenticando che la notizia del suo "abbronzatissimo" era rimbalzata sulle agenzie d'informazione di tutto il mondo. E in una recente conferenza stampa non era stato un giornalista italiano, ma americano, che gli aveva chiesto se pensava, dopo quell'infelice uscita, di fare le scuse al neoeletto Presidente statunitense. Al che il Silvio non aveva trovato nulla di meglio che alzarsi sbottando: "Tu piuttosto fa' le scuse all'Italia".Sorprendente,e miracolosa, la capacità di ribaltare le colpe!
Ricordate la battuta di Totò, con la quale rovesciare il senso logico normale: "Ma se io la tocco, lei perché mi fa il ritocco"? Ma Totò era un comico...


.....................................................forse anche l'altro!

domenica 12 ottobre 2008

Piero Calamandrei sulla scuola pubblica

Discorso pronunciato da Piero Calamandrei al III congresso dell’Associazione a difesa della scuola nazionale (Adsn), a Roma l’11 febbraio 1950 – pubblicato nella rivista Scuola democratica, 20 marzo 1950.

Facciamo l’ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuol fare la marcia su Roma e trasformare l’aula in alloggiamento per i manipoli; ma vuol istituire, senza parere, una larvata dittatura. Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di stato in scuole di partito? Si accorge che le scuole di stato hanno il difetto di essere imparziali. C’è una certa resistenza; in quelle scuole c’è sempre, perfino sotto il fascismo c’è stata. Allora, il partito dominante segue un’altra strada (è tutta un’ipotesi teorica, intendiamoci). Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte le scuole private. Le scuole del suo partito, di quel partito. Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private. Cure di denaro e di privilegi. Si comincia persino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole, perché in fondo sono migliori, si dice di quelle di stato. E magari si danno premi, come ora vi dirò. O si propone di dare dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece che alle scuole pubbliche alle scuole private. A quelle scuole private. Gli esami sono più facili, si studia meno e si riesce meglio. Così la scuola privata diventa una scuola privilegiata. Il partito dominante, non potendo trasformare apertamente le scuole di stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di stato per dare la prevalenza alle scuole private. Attenzione, amici, in questo convegno questo è il punto che bisogna discutere.Attenzione, questa è la ricetta. Bisogna tener d’occhio i cuochi di questa bassa cucina. L’operazione si fa in tre modi: ve l’ho già detto: rovinare le scuole di stato. Lasciare che vadano in malora. Impoverire i loro bilanci. Ignorare i loro bisogni. Attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private. Non controllarne la serietà. Lasciare che vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare. Lasciare che gli esami siano burlette. Dare alle scuole private denaro pubblico. Questo è il punto. Dare alle scuole private denaro pubblico.
Tratto da «Internazionale» 762, 19-25 settembre 2008, p. 21.

venerdì 15 agosto 2008

Contro la nuova discarica sul Formicoso in Irpinia

RIPRODUCIAMO IL POST DEL BLOG
COMUNITA' PROVVISORIA

NESSUNA DISCARICA sul FORMICOSO !
Lunedì 18 agosto 2008
ALTOPIANO del FORMICOSO - ANDRETTA (AV)
Giornata di sensibilizzazione nazionale dell’opinione pubblica contro la costruzione di una nuova discarica sull’Altopiano del Formicoso, nel cuore dell’Alta Irpinia.
Interverranno VINICIO CAPOSSELA , FRANCO ARMINIO , LA BANDA MUSICALE CITTA’ DI CALITRI, PASQUALE E PAOLO INNARELLA, CATERINA PONTRANDOLFO, JAMBASSA+KETAMO, MOLOTOV, SIMONE CAROTENUTO E TAMMURIATI DEL VESUVIO, FOLSKA e altri cantori locali e paesani.
In seguito alla decisione del Governo di costruire un’ulteriore discarica regionale in Campania nel territorio del Comune di Andretta, così come previsto dal Decreto Legge n°90 del 23/05/2008 convertito in legge 18 Luglio 2008 n°123/08, i Comitati “ProFormicoso”, “Nessuno Tocchi il Formicoso”, la Comunità Montana “Alta Irpinia”, la Comunità Montana “Ufita”, i Comuni di Andretta, Bisaccia, Cairano, Calitri, Aquilonia, Monteverde, Teora, Conza della Campania, Sant’Andrea di Conza, Lacedonia, Lioni, Vallata, Castel Baronia, Guardia Lombardi, Rocca San Felice, Villamaina, Trevico, Morra De Sanctis, Sant’Angelo dei Lombardi, la Legambiente Campania, il Circolo “Alta Irpinia” Legambiente Calitri, il Presidente del GAL-CILSI, l’Associazione dei Comuni della Podalica, gli Amministratori dell’Irpinia, la Comunità Provvisoria hanno deciso di organizzare, per LUNEDÌ 18 AGOSTO 2008, sul ALTOPIANO DEL FORMICOSO, una giornata in cui la popolazione, gli artisti, i rappresentanti delle istituzioni si riuniranno a difesa delle Terre dell’Alta Irpinia dalla costruzione della Discarica delle Discariche sull’Altopiano del FORMICOSO.
L’evento si articolerà nell’arco dell’intera giornata, durante la quale si potranno prenotare visite guidate nei centri storici dei paesi dell’Alta Irpinia, nell’Oasi faunistica del WWF di Conza della Campania, nel Centro di Educazione Ambientale Legambiente Bosco di Castiglione e nel Museo Etnografico di Aquilonia. La giornata proseguirà sull’Altopiano del Formicolo dalle ore 17.00 fino a notte inoltrata. Sono previsti stand di prodotti tipici artigianali ed eno-gastronomici ed aree attrezzate per campeggiatori e caravan. La giornata servirà anche e soprattutto a far conoscere e a far aderire l’opinione pubblica alle nostre proposte. PROPOSTE che sono delle alternative VALIDE tecnicamente, economicamente e socialmente per qualsiasi paese Civile!!!
I NOSTRI SI’
· SI’ a ridurre i rifiuti a monte del ciclo produttivo, eliminando gli imballaggi inutili;
· SI’ a potenziare subito la raccolta differenziata secco-umido “porta a porta”, eliminando i cassonetti;
· SI’ al riuso e riciclo dei materiali;
· SI’ agli impianti decentrati e diffusi di compostaggio dell’umido e di selezione del secco;
· SI’ all’adeguamento immediato degli attuali 7 impianti ex-CDR, per il Trattamento Meccanico Biologico (TMB) dei rifiuti, dotandoli di vasche per la produzione di compost.
In particolare, per la Provincia di Avellino, sosteniamo:
1. la necessità di un rapido adeguamento nel senso suddetto dell’impianto ex-CDR di Pianodardine, affidandone la gestione ad un Commissario ad acta o ai Consorzi, in direzione del funzionamento come impianto di TMB dei rifiuti indifferenziati;
2. la non differibilità della provincializzazione prevista dalla Legge Regionale n° 4 del marzo 2007 ed imposta dalle Direttive dell’Unione Europea, secondo le quali i rifiuti vanno trattati nei luoghi dove vengono prodotti e i materiali vanno recuperati prima di avviare a discarica le frazioni residue;
3. l’accettazione, in spirito solidale con gli altri territori della Regione Campania, di quantità di rifiuti solidi urbani da trattare negli impianti presenti, compatibilmente con le capacità degli stessi.
I NOSTRI NO
· NO ALLA LOGICA DELLE DISCARICHE;
· NO ALLA COSTRUZIONE DI UNA MEGA DISCARICA SULL’ALTOPIANO DEL FORMICOSO;
· NO perché la Provincia di Avellino è quella che più si è attivata per avere un’impiantisca per il recupero ed il trattamento dei rifiuti;
· NO perché la Comunità Montana “Alta Irpinia” ha raggiunto il 55% di Raccolta differenziata;
· NO perché gli Amministratori di questo territorio hanno speso energie progettuali:
1. per fare della sua vocazione ambientale e della sua natura incontaminata la maggiore risorsa per il futuro, utilizzando tutti gli strumenti locali, regionali, nazionali e comunitari della Programmazione Negoziata (POR; PIT, PIR; Patti Territoriali, LEADER II e Plus, Parco Letterario Francesco De Sanctis, etc.) per dare concretezza all’idea di Sviluppo Locale eco-compatibile;
2. per valorizzare le produzioni agricole, dal grano (che proprio nell’area fra Andretta e Bisaccia fa vivere migliaia di aziende agricole familiari) alla carne (agnello del Formicoso e vitello di grande pregio dell’Appennino), dall’olio della Valle dell’Ufita ai vini DOCG famosi nel mondo e al latte (la Regione Campania ha investito 4 milioni di euro per la Formaggioteca a Calitri, per fare un solo esempio) ed attivando Progetti di Filiera di tali prodotti di eccellenza;
3. fornendo a molte aziende casearie campane (da Salerno a Caserta a Napoli) l’alimento principe, il fieno pregiato del Formicoso, degli allevamenti bufalini e consentendo a tanti produttori di mozzarella di bufala di arginare gli effetti della crisi drammatica dell’emergenza rifiuti;
4. accettando sul territorio, talvolta in contrasto con le popolazioni, un gran numero di impianti eolici (che contribuiscono al fabbisogno dell’intera regione) ed una Stazione di trasformazione dell’energia per l’immissione nella rete elettrica a 380 mila Volt gestita dalla Società TERNA (a pochi metri dal sito di Andretta) che costituisce un nodo importante della rete nazionale, pur avendo essi un carattere invasivo e di aggressione al territorio;
5. attivando gli strumenti della Programmazione Regionale per l’istituzione del Distretto Energetico, già firmato dal Sindaco del Comune di Bisaccia, che è capofila, con l’Assessore Cozzolino e che consentirà all’intero comprensorio di puntare alla creazione di un polo di eccellenza nel campo delle fonti rinnovabili che possa dare ai giovani prospettive future.
Per aggiornamenti sul programma e info : http://comunitaprovvisoria.wordpress.com/ arminio17@gmail.com
nella foto: “pero spaccone” tra andretta e bisaccia (altopiano del Formicoso)
VI SEMBRA UN LUOGO DOVE FARE UNA DISCARICA ?

l’ALTOPIANO del FORMICOSO è il cuore del Parco dell’Irpinia d’Oriente, a 900 metri di altitudine; a 3 km. di distanza e 500 metri più in basso, c’è il Lago artificiale di Conza della Campania. Pochi giorni fa è stata aggiudicato l’appalto per la POTABILIZZAZIONE dell’acqua di questo Lago. Si spenderanno 42 milioni di euro per potabilizzare l’acqua del Lago e portarla in Puglia. Poco più a monte si vuole realizzare una mega discarica. Cosa berranno in Puglia ? E in Italia quali ortaggi mangeremo ?

giovedì 31 luglio 2008

Horcynus Festival 2008: i fatti di Reggio Calabria


Presentato nell'ambito della VI edizione del-l'Horcynus Festival a Messina-Capo Peloro il 26 luglio 2008



Fabio Cuzzola
Reggio 1970:
storie e memorie della rivolta

(Donzelli editore, Roma 2007)


Fabio Cuzzola nel libro, oltre che servirsi di fonti varie, sente le voci dei protagonisti, il che non può evitare una qualche forma di immedesimazione simpatetica. Come emerge anche nel dibattito tenutosi a Capo Peloro. Come si sa, quando si decise di spostare il capologuogo calabrese da Reggio a Catanzaro, nella città reggina esplosero incidenti che furono poi capeggiati dalla destra e dall'Msi. L'autore mette in evidenza come inizialmente le cose furono più complesse e meno individuabile la matrice ideologica. Tant'è vero che esponenti dell'estrema sinistra come Adriano Sofri di Lotta Continua si recarono lì per cogliervi le opportunità rivoluzionarie. Opportunità di protesta non colte poi dalla sinistra ufficiale, come mette in evidenza Cuzzola, per cui i fatti di Reggio sono diventati appannaggio appunto della destra: un'incapacità della sinistra di cogliere le istanze delle masse. Nel corso del dibattito, Paolo Minuto, docente all'Università di Reggio Calabria, ribadisce invece che il tipo di protesta "campanilistica" messa in atto aveva un indelebile carattere di destra e come tale va storicamente collocata, al di là della maggiore complessità che i fatti, nel loro sviluppo, ebbero. Cuzzola sottolinea comunque la necessità di prendere atto della storia locale - anche nelle scuole - al di là delle grandi tematiche solitamente affrontate.
Ma, osserviamo, in questo caso, il fatto locale di Reggio permette di fare un discorso più ampio contestualizzandolo nella storia italiana del tempo e nella strategia della tensione che allora stringeva il nostro paese. Senza dubbio è importante puntare sulla dimensione storica locale, ma non come alternativa "assoluta", che sostituirebbe una ormai imprenscindibile visione storica mondiale, ma accanto alla necessaria apertura globale. Come, ci sembra, fa il libro di Cuzzola.
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I fuochi del Sessantotto e dell'autunno caldo non sono ancora sopiti, quando scoppia, quanto mai inaspettata, una rivolta violenta nel Sud d'Italia. A Reggio Calabria i cittadini scendono in strada per protestare contro la mancata assegnazione del capoluogo regionale. È il 1970. Fra tentativi eversivi di golpe e infiltrazioni della criminalità organizzata, gruppi neofascisti, al grido di "Boia chi molla", raccoglie la bandiera dell'insurrezione: un caso unico nella storia dell'Occidente sotto l'egida del Patto Atlantico. Cosa rimane oggi della pesante eredità di quella rivolta? Qual è stato il prezzo pagato dalla città e dal Sud? Perché con il passare degli anni una tendenza costante ha tentato di rimuovere questo episodio cruciale della vita del nostro paese? Al centro della ricostruzione storica, la memoria, collettiva e individuale, di chi la rivolta la fece, di chi la subì, e di chi invece stette a guardare. La straordinaria combinazione di fonti orali - duecento interviste raccolte direttamente dall'autore - e di documenti inediti, fra i quali quelli custoditi al Foreign Office di Londra e per la prima volta portati qui alla luce, dà vita a un affresco unico di quello che è stato il sommovimento più aspro della Prima Repubblica.
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Foto di Enzo Rega; nell'immagine in apertura: (da sinistra) Giovanni Raffaele, Paolo Minuto, Massimo Barilla e Fabio Cuzzola. Nelle altre, immagini dalla mostra fotografica allestica nei locali del Parco Culturale Horynus Orca a Capo Peloro







ancora sull'Horcynus Festival

lunedì 28 luglio 2008

Il ponte sullo Stretto di Messina (rieccolo)

Ecco di nuovo il tormentone del Ponte sullo Stret-to. Non fa niente che la zona sia altamente sismica e ci sia uno spostamen-to delle due coste (calabrese e siciliana). Non fa niente che l'enorme cantiere dei lavori non potrebbe essere sostenuto in una città come Messina. Non fa niente che la rete viaria e ferroviaria siciliana sia disastrata. Non fa niente che l'autostrada Salerno-Reggio Calabria sia nelle condizioni che si sanno. Non fa niente che gli autotrasportatori preferiscano imbarcarsi. Non fa niente che i turisti (soprattutto quelli stranieri) in Sicilia arrivino preferibilmente in aereo.
Ma il Ponte - dice qualcuno - s'ha da fare. E' una priorità. Così, già si sa che i tagli delle Ferrovie italiane prevedono la soppressione dei treni che dall'Italia arrivano direttamen-te in Sicilia. In treno, si arriverà in futuro solo a Reggio Calabria, si scenderà, ci si imbarcherà a piedi, e si riprenderà il treno a Messina. Così tutti diranno: ci vuole il Ponte! Le navi delle ferrovie sono ormai vecchie e non si pensa di costruirne di nuove. E' antieconomico, si dice. E così, invece di migliorare e potenziare le strutture che ci sono, avanti con il Ponte!
Tra l'altro, i lavori avranno un forte, tremendo impatto ambientale. Anche questo non conta. E a farne le spese saranno i laghi di Ganzirri che sorgono prorio là dove dovrebbe essere costruito un pilone. Guardateli nelle foto: bisogna proprio distruggerli (come si sarebbe detto nell'Ottocento) in nome del progresso? O piuttosto dei forti interessi politgici, economici di qualcuno?






foto

di

Enzo Rega



sabato 26 luglio 2008

Leggi ad personam e ad cetum (si può dire?)

Lo storico Hobsbawm, in tempi non sospetti, prediceva l'allargamento della forbice sociale con un aumento della differenza tra chi ha e chi non ha. Il mondo va di nuovo polarizzandosi da un punto di vista economico-sociale. Marx parlava - come tutti sanno, ma molti hanno dimenticato - di sovrastruttura per indicare l'insieme di elementi culturali e istituti giuridici con i quali la classe domininante legittimava e conservava i propri privilegi.
Ecco, applichiamo le due cose all'Italia odierna. I nuovi e vecchi ricchi non hanno più pudore. Si fanno leggi sempre più severe contro gli immigrati e si depenalizzano i reati di quelli che Wright Mills chiamava "colletti bianchi" (o meglio, di chi sta più in su dei colletti bianchi stessi).

martedì 22 luglio 2008

Il Bossi e l'unità d'Italia

Un ministro della Repubblica italiana, tale signor Bossi (il quale ha poco di onorevole - almeno nella rozzezza dei modi e delle idee) ha salutato con l'anglo-americano indice teso il riferimento a Roma nell'Inno italiano. Ora, pur essendo poco nazionalistici, non possiamo non riconoscere, contro il (poco)signor Bossi, che l'unità nazionale, che si identifica nella capitale romana, è cosa che - pur nel consesso europeo, nonché nella dimensione planetaria - che ci sta a cuore.
Nonostante i limiti che aveva - rivoluzione passiva per estendere il giudizio che Cuoco dava a quella napoletana del 1799 sostanzialmente ribadito da Gramsci a livello nazionale -, l'epopea risorgimentale, con le sue idee liberali nonché democratiche, rimane per noi importante.
Il Bossi, poi, completava il suo delirio, con il ribadire l'ostracismo per gli insegnanti meridionali nel Nord Italia. Ebbene, non ricorda, il senatùr, che una volta erano gli insegnanti settentrionali a emigrare al Sud, allora poco scolarizzato e quindi privo di classe docente, in cerca di lavoro, per poi tornare a casa propria, messo insieme il punteggio necessario?
E poi lo sa - come lo sa il sottoscritto che per più di un decennio ha insegnato, volentieri e trovandosi bene, in Lombardia - che i settentrionali, i suoi padani, amano poco l'insegnamento in quanto lavoro mal retribuito avendo lì altre possibilità occupazionali ("eh, voi meridionali cercate il posto fisso", dicevano i miei simpatici, cordiali e affettuosi padroni di casa di Villastanza di Parabiago: ma senza un posto fisso, e statale magari, per noi era impossibile mantenersi, non avendo lì una famiglia alle spalle).
E dimentica, el sciur Bossi, che quell'unità d'Italia, che lui tanto depreca, è avvenuta favorendo i ceti industriali e produttivi settentrionali a scapito di un Sud che ha svolto il ruolo di colonia che offriva un mercato alla produzione della madrepatria - che nel nostro caso era il Nord. Quel Sud che poi ha offerto forza lavoro a buon mercato alla nostra industrializzazione, quella forza lavoro adesso offerta dai tanto odiati (dai leghisti) lavoratori stranieri.
Un po' di memoria storica, signor Bossi, non solo per ricordare i Celti o la lotta della Scozia contro l'Inghilterra che tanto le piace.
Si compri piuttosto un bel bignami di storia italiana.
E se Roma le fa così schifo, rinunci al bell'appannaggio che in quella città le assegnano!...
p.s. Avete visto ieri sera in televisione, sulla 7, il film Napoletani a Milano (1953) di Eduardo De Filippo? Bene, una risposta, trasmetterlo in questi giorni, agli odi bossiano-leghisti. Un film "buonista" sull'incontro, nel lavoro, fra meridionali e settentrionali, con un capitalismo dal volto umano...
p.p.s. in conclusione, una mia nota biografica scritta in occasione di una lettura pubblica:
Enzo Rega - nato a Genova da genitori originari della provincia di Napoli, ha vissuto a lungo in Lombardia e si è sposato in Sicilia, realizzando una personale unità d'Italia

mercoledì 16 luglio 2008

Ancora sulla in-civiltà dei consumi

PALMA CAMPANIA (NA)
16 luglio 2008


Continuia-mo il piccolo reportage iniziato qualche giorno fa (vedi Post precedente). Lì documentavamo come - con le campane vuote - i sacchetti con il vetro fossero stati abbandonati tutt'intorno. Colpa di chi: cittadini o amministrazioni pubbliche? Bene, in questa foto di oggi vediamo che sono scomparsi i sacchetti precedenti, ma intanto se ne stanno accumulando degli altri. Chi è non fa il proprio dovere, in questo caso? Cittadini o amministratori? Fermo restando - lo ripeto - le responsabilità di chi amministra, qui la riposta è chiara. La maleducazione dei cittadini continua. Queste cose bisogna avere il coraggio di dirle, e prendersela anche con la gente, quando è il caso. Se il sud è stata la culla della civiltà occidentale, oggi ne sta diventando la tomba.

venerdì 11 luglio 2008

(In)civiltà dei consumi... e dei rifiuti


PALMA CAMPANIA (NA) 11 luglio 2008


Qui siamo a lato dell'Ufficio postale di Palma Campania, in via Marconi. Le campane del vetro sono vuote e tutt'intorno sacchetti abbandonati come in un'ennesima discarica su suolo pubblico non predisposto. Ora, sappiamo tutti i problemi della raccolta dei rifiuti in Campania, le colpe della camorra, da un lato, e delle istituzioni pubbliche, dall'altro. E ciò ovviamente va ribadito e su questo fronte bisogna combattere.Ma qui non c'entra la camorra e fino a un certo punto l'inadempienza pubblica (cosa dovrebbe fare il comune: mandare netturbini a infilare le bottiglie nelle campane? mandare più spesso gli addetti alla raccolta differenziata?). Qui c'entra la mancanza di senso civico e - diciamolo - la maleducazione del cittadino. Si arriva fino alla campana e poi non si ha la forza - la voglia - di cacciare i singoli pezzi dal sacchetto e riporli dove di dovere. E' un senso di sciatteria, di trasandatezza, come di un colletto unto, di una cravatta sporca e sfilacciata, di un risvolto di pantalone ripiegato e infangato. E' come se una persona camminasse così per indolenza... ma quella che, in questo caso, sarebbe malaccortezza personale, diventa, per questi sacchetti, inciviltà pubblica.Qualcuno osserva che anche questi comportamenti dei cittadini sono frutto della mala amministrazione pubblica. Se vede intorno a sè un disservizio generale, il cittadino si chiede perché debba mantenere, lui, un comportamento virtuoso. Mah. Ma è questa la "social catena" distorta: se invece ciascun cittadino - fino al cittadino-pubblico amministratore - facesse il proprio dovere, solo il proprio dovere, senza la scusante eventuale degli altri, molte cose sarebbero diverse. Il medico protagonista della Peste di Albert Camus questo ribadisce: nella lotta contro il morbo ha fatto solo il proprio dovere.Così, per i sacchetti abbandonati invece nelle periferie di questo paese - dove si effettua la raccolta differenziata e dove quindi, almeno finora, non si verificavano le situazioni di altri comuni campani - si trova la stessa scusante. Oppure, qualcuno dice, vengono dagli altri paesi dove non ne possono più, e scaricano qui per non far crescere i cumuli nelle proprie strade.

Non so... e comunque quest'esportazione della 'monnezza' non è la soluzione.

domenica 15 giugno 2008

Per Vincenzo Russo

.
15 GIUGNO 2008
PALMA CAMPANIA (NA)

Manifestazione per l'anniversario della nascita
di
Vincenzo Russo
martire della repubblica napoletana del 1799
16 giugno 1770 - 16 giugno 2008

deposizione di una corona d'alloro alla lapide commemorativa da parte degli alunni del Liceo "A. Rosmini" nel cortile della casa natale in Vicoletto Russo (zona Monualdo)

a cura del
GRUPPO ARCHEOLOGICO TERRA DI PALMA
con il patrocinio del Comune di Palma Campania


Nel corso della Manifestazione sono state presentate due petizioni al Comune di Palma: una, a firma degli abitanti del quartiere, con la richiesta di risistemazione dell'area nelle adiacenze della casa natale di Vincenzo Russo; l'altra, a firma del Gruppo archeologico Terra di Palma, con la richiesta di denominare Palma Campania "Città di Vincenzo Russo".

lapide dedicata a Vincenzo Russo

casa natale di Vincenzo Russo


Un momento della manifestazione; nella foto: prof.ssa Maria Maddalena Nappi, sindaco Vincenzo Carbone, assessore Sabato Simonetti

*

da

"I Pensieri politici" di Vincenzo Russo

scelta antologica a cura di Enzo Rega



Ho conosciuto l’uomo corrotto; ma ho pur meditato la natura delle sue facoltà, ed ho studiato i mezzi che potrebbero ricondurlo alla sua dignità vera.

(A chi legge, p. 13)



Io non ho volta la mente né alle antiche repubbliche né alle moderne, non alle nuove, non alle vetuste legislazioni: ho consultato nelle cose stesse la verità.

(A chi legge, p. 14)



Chi vuole ben conoscere la società, approfondi le leggi dell’esistenza, e le facoltà dell’uomo. Chi conosce l’uomo accuratamente, conoscerà con adeguatezza la società.

(Cap. I, La legge, p. 15)



La libertà è quell’energia nell’uomo, che produce in lui la possibilità di applicarsi da uno ad altro oggetto, secondo le leggi del vero; e di seguire da una cosa all’altra, secondo le leggi del buono.

(Cap. VI, Natura e sviluppo della libertà, p. 20)



Siccome l’uomo non è fatto per nutrirsi di uomini, non di rapina, non ha nella sua natura veruna di quelle cose, che lo dovessero render restio alla società degli altri uomini; ed appena non vi ha nulla, che distorni gli esseri sensibili dal consorzio, essi vi si lasciano andare naturalmente.

(Cap. VIII, Disposizioni dell’uomo per la società, p. 24)



Non è di guerra lo stato dell’uomo. La guerra perché la farebbe egli mai? Sono abbondanti i mezzi onde sussistere. È convenuto ai sostenitori del sistema di uno stato naturale di guerra fra gli uomini supporre nell’uomo un’avidità al di là del soddisfacimento de’ suoi bisogni: tale avidità, che sarebbe infine un effetto senza cagione, è senza alcun dubbio un assurdo.

(Cap. IX, L’uomo in società, p. 27)


Dacché l’uomo esiste, esistono le sue leggi: dacché due uomini sono in contatto, le loro leggi individuali vengono ad essere modificate da nuove circostanze, ma il principio, la natura di esse sono i medesimi: dacché due uomini si comunicano le loro relazioni, esistono leggi fra loro […]. Il patto sociale dunque è nato coll’uomo, è gemello del principio del suo maggior bene.

(Cap. IX, L’uomo in società, p. 27)



Risulta da ciò, il solo sistema di società conforme alla natura umana, essere il sistema popolare nel suo vero senso, che cioè il popolo, si governi immediatamente da sé. Gli altri non son fatti per l’uomo, poiché l’uomo in essi non può esistere nella pienezza delle sue facoltà.

(Cap. X, Condizioni della società, p. 30)



Appena sono funzionari pubblici in una società, si stabilisce la teoria che vi sieno depositarj del pubblico potere. È questa una idea, che potrebbe disporre a servilità. Il deposito suppone una privazione in cui rimanga il popolo dal canto suo. Or questa privazione non esiste, non dee, e non può esistere. In qual modo si può conferire altrui la propria forza, senza renderlo dispositore di essa, e quindi padrone della nostra propria volontà rispetto alla forza nostra sì che voglia disporne egli, e non già noi?

(Cap. XI, La repubblica popolare, p. 33)



Il popolo è vivo sempre e presente, nulla esiste in società se non immediatamente per lui: onde è, che possa ritirare le sue forze ad ogni istante. Allora i suoi funzionarj spariscono come le bolle di acqua sul mare.

(Cap. XI, La repubblica popolare, p. 34)



La libertà sociale non è diversa dalla libertà individuale. Come potrebbe essere altra, se la società è composta di uomini? La società non è mai in contraddizione coll’individuo, considerato nell’estensione di tutti i suoi rapporti.

(Cap. XIV, Libertà, p. 38)


Perché in un popolo sia libertà, non basta in verun modo che vi sieno osservate le leggi: tale osservanza produce sicurezza, ma non libertà. Non basti che vi sia la conformità esterna delle azioni colla legge: vi bisogna la conformità interna, la congruenza della ragione comune colla ragione individuale.
Quindi non sarà mai veramente libero un popolo, il quale non sia composto di cittadini morali…

(Cap. XIV, Libertà, p. 39)


Eguaglianza, ossia parità individuale non esiste in natura umana. Non vi sono fra i composti a noi noti due soli, che sieno perfettamente eguali: né vi è per gli uomini un’eccezione. Chiunque ha per poco studiato la storia naturale, e la chimica, chiunque ha fatto uso de’ suoi sensi in diversi punti del globo, della sua riflessione in stagioni o giornate di temperatura diversa; si è avveduto non esser possibile, che gli uomini dell’ultimo settentrione, o dell’ultimo oriente siano del tutto eguali a quei, che più si avvicinano all’equatore.
Ma dacché gli uomini non sono pari individualmente; non ne deriva, che siano disuguali ne’ diritti loro. Il fonte di ogni diritto è l’esistenza: l’esistenza è un fatto semplice, e quindi in tutti eguale.
Siccome per conservare l’esistenza altri ha più, altri meno esteso bisogno di mezzi esterni nell’applicazione che si fa alle cose, del diritto eguale di esistenza, nasce necessariamente una disuguale estensione di diritti. Per vivere io ho bisogno di 10, altri di 15 […]. Tanto io ho coll’aver dieci, mentre ho bisogno di dieci, quanto tu coll’aver venti con venti di bisogni. La disuguaglianza comincia finalmente allora quando io non posso avere abbastanza pe’ miei bisogni, e tu hai al di là de’ tuoi.
L’eguaglianza suppone dunque essenzialmente l’indipendenza. Se io per conservare l’esistenza mia ho bisogno di te non sono più indipendente, né più tuo eguale: tu puoi far senza di me, io senza di te non posso. Ecco stabilita la disuguaglianza di fatto, ed ecco la schiavitù.

(Cap. XV, Eguaglianza, pp. 40-41)



L’uomo ha bisogno dei prodotti della terra come essere fisico e sensibile, e non qual essere calcolatore. Quindi conviene cercare ne’ suoi bisogni, e non già nel suo intendimento la ragione ed i limiti della sua proprietà, delle cose necessarie alla sua vita ed alla sua perfezione.
La proprietà verace di queste, la sola che meriti nome di proprietà, si limita a quello, che ci fa duopo pel soddisfacimento dei nostri attuali bisogni. La proprietà futura e permanente è una istituzione estranea all’ordine ed alla natura delle facoltà umane.
Il primo che stabilì la permanenza della proprietà delle cose necessarie alla vita ed alla perfezione, dischiuse la trista sorgente della schiavitù, del delitto, e dello snaturamento dell’uomo.

(Cap. XVIII, Proprietà, pp. 45-46)



Come il diritto di proprietà suppone un bisogno, ogni diritto di proprietà finisce col finir della vita. Chi fa testamento, dispone de’ beni per un tempo, in cui non ha più diritto sopra di essi. Quale più grande assurdo di quello di trasmettere un diritto in un tempo in cui quel diritto più non si ha?

(Cap. XIX, Proprietà. Atti di ultima volontà, p. 47)



Da per tutto si annunzia come uno de’ maggiori beni, che produrrà la democrazia, il rifiorimento del commercio. Le teste politiche se ne scaldano, ne ribollono. Ma non si è pensato molto ad esaminare prima, se il commercio convenga alla Democrazia, e qual commercio, e fino a qual segno.

(Cap. XXIII, Commercio, p. 53)

Commercio!… Colui che estese il commercio al di là della permuta, strinse i primi anelli delle catene di schiavitù, già preparati dalle proprietà permanenti. L’agevolezza di acquistare moltiplicò insani bisogni, diè luogo all’avidità, alle frodi, alle disuguaglianze di fortune, stabilì i non possidenti, ed andò in tal guisa corrompendo morale, ordini sociali, e libertà.

(Cap. XXIII, Commercio, p. 54)



Il solo possidente è libero, perché egli solo è indipendente. Chi ha braccia e suolo, non dee più mendicare la sua sussistenza da altri: l’ha da se stesso. Allora finalmente non è egli in soggettamento di alcuno; allora può senza riguardi, senza speranze, e senza timori far uso ragionevole delle intere sue facoltà.

(Cap. XXIV, Agricoltura, pp. 57-58)



Un piccolo possidente il quale ricavi da se stesso i necessarj prodotti di pastorizia e di agricoltura, non ha bisogno di fare alcun commercio […], può aver bisogno di fare quel solo commercio, che gli sarà ben agevole di fare da se medesimo. Chiunque ha passato alcun tempo alla campagna, sa che gran parte del commercio loro nol fanno altramente i contadini. Là dove ognuno ha tutto o quasi tutto il sufficiente per un vivere agevole e tranquillo, perché mai si dovrebbero fare ampJ commerci?

(Cap. XXIV, Agricoltura, p. 59)



Dà un’occhiata al globo: tu vedrai che gli uomini vi sono corrotti a misura che sono in più gran numero ammassati nelle città. Vedrai che quando è più piccolo un villaggio, tanto in generale vi sono più puri i costumi.

(Cap. XXV, Città, p. 60)



Un popolo che in mezzo allo scompiglio delle facoltà umane si trovi in quella fattizia ignoranza, non può risorgere alla libertà se non per via di un’istruzione opportuna e ben guidata, e di quelle altre istituzioni, e di quelle altre istituzioni, le quali debbono accompagnare l’istruzione, perché si abbia da questa una soda e sufficiente utilità.

(Cap. XXX, Istruzione, pp. 71-72)



Un uomo può fare società, può convivere in amicizia con un altro uomo in qualsivoglia angolo della terra. Ogni uomo dunque lo può con ogni altro uomo, e tutti gli uomini lo possono con tutti.

(Cap. XXXIII, Società universale, p. 79)

I brani riportati sono tratti da Vincenzo Russo, I pensieri politici, Loffredo, Napoli 1999. Alla fine di ogni brano vengono indicati capitolo e pagina.
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vedi profilo di Vincenzo Russo

venerdì 13 giugno 2008

Don Pierino Manfredi: "Omelie per i 'piccoli' "


PRESENTATO A PALMA CAMPANIA
IL 24 MAGGIO 2008
il libro di
DON PIERINO MANFREDI
OMELIE PER I "PICCOLI"

Michelangelo 1915 Communications, Palma Campania (NA) 2008

giovedì 15 maggio 2008

Sergio Atzeni e il mondo da cambiare

Il ricordo e il bilancio - letterari - del '68 e di quei tempi nelle parole di uno scrittore sardo prematuramente scomparso:
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"Noi, gli sbandati, i fuori dal mondo che rifiutavano sia la guerriglia urbana che il ritorno nei ranghi, i figli dei fiori, i poeti, i rimbambiti, i pazzi, gli spaventati dalla velocità della storia e della tecnica e dell'assoluta assenza di guidatore, e quelli come me, che non sapevano che fare di se stessi e cercavano motivi per vivere, rimasugli di una generazione che ha tentato di cambiare il mondo perché sapeva che fa schifo, ma non sapeva che lo schifo ha costruito in millenni strutture solidissime di resistenza, le ha costruite con piramidi di sacrificati, le ha costruite anche nelle nostre anime. Guardavamo a occhi aperti e spaventati un mondo che non ci apparteneva. Per noi era l'invito di Katmandu".
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Sergio Atzeni, Il quinto passo è l'addio, Mondadori 1995, Ilisso 2001

lunedì 12 maggio 2008

Vincenzo Russo, giacobino. Per cominciare

Apriamo questo nuovo Blog con un intervento sul giacobino Vincenzo Russo (o Vincenzio secondo una certa grafia), artefice della Repubblica napoletana del 1799, che ebbe breve vita e nella quale egli capeggiò l'ala più radicale. Nato a Palma Campania nel 1770 (per dire, lo stesso anno di Hegel e Hoelderlin, e pure di Beethoven), morì nel 1799 giustiziato in Piazza Mercato a Napoli.
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Quando pensiamo al nostro Vincenzo Russo pensiamo al rivoluzionario che, con un pugno di intellettuali, diede vita alla breve stagione della Repubblica napoletana del 1799. Pensiamo al teorico dell’uguaglianza economica e sociale e al promotore d’una democrazia radicale. Pensiamo meno, invece, al ruolo che, in tale contesto, avevano per lui l’educazione e l’istruzione. Un ruolo centrale, perché, senza, ogni vera democrazia sarebbe impossibile dato che i cittadini non avrebbero gli strumenti adeguati per una consapevole partecipazione e gestione della cosa pubblica.Se apriamo il volume dei Pensieri politici, che Russo ha pubblicato a Roma nel 1798, un anno solo prima della morte, vi troviamo un intero capitolo, il XXX, dedicato all’Istruzione. Che inizia così, in modo chiaro e lapidario: “Fu già sentenza di alto sapere che l’ignoranza sia la sorgente dell’infelicità…”. L’infelicità, osserva dunque Russo riecheggiando Socrate, è frutto dell’ignoranza. Se questo vale per il singolo uomo, è altrettanto vero per i popoli travolti dalla corruzione e dal disordine di uno sviluppo sociale che è andato contro natura (e qui possiamo risentire Rousseau). Allora, scrive ancora Russo: “Un popolo che in mezzo allo scompiglio delle facoltà umane si trovi in quella fittizia ignoranza, non può risorgere alla libertà se non per via di un’istruzione opportuna e ben guidata, e di quelle altre istituzioni, le quali debbono accompagnare l’istruzione, perché si abbia da questa una soda e sufficiente utilità”. Solo con l’istruzione il popolo potrà ridiventare difensore “geloso” e “tremendo” della libertà. Il rapporto tra l’istruzione e le altre istituzioni cosa è se non già l’abbozzo di un “sistema formativo integrato” quale i pedagogisti oggi sostengono a gran voce nel nome di quella che viene chiamata “società educante”? E, nel momento in cui si collega l’istruzione alla libertà e, subito dopo, alla democrazia, abbiamo, in nuce, concezioni che possiamo trovare da un lato, in ambito liberale, in opere come Democrazia ed educazione del filosofo americano John Dewey, padre della pedagogia di tutto il Novecento, o dall’altro, in ambiti politici che sviluppano le posizioni russiane, nel pensiero di Antonio Gramsci. Russo ha chiaramente dichiarato anche che: “Non vi sarà mai eguaglianza di capacità politica fra gli uomini se non si renda generale l’istruzione. Altrimenti il picciol numero della gente illuminata sarà il magistrato per natura del resto della nazione. Noi lo vediamo al presente, e se non si rende generale l’istruzione, si vedrà sempre”.Ma tornando al pensiero del proprio tempo, Russo non trova ancora una linea certa che indichi cosa fare nel campo educativo. Al che egli propone che una “savia adunanza” (non molto tempo fa proprio una cosiddetta “commissione di saggi”, per l’appunto, ha lavorato da noi a un tale compito) ritrovasse le verità fondamentali in libri di carattere morale e politico, per reimpastarle con “semplicità” e “filosofia” in un una nuova lingua adeguata alle necessità del sapere e degli uomini. Dal naufragio di tanti orpelli culturali, in una sorta di azzeramento, Russo spera che emerga così ciò che serve alle genti nuove. Se da un lato può lasciarci perplesso quanto qui sa di messa al bando o addirittura di autodafé, cioè di distruzione di una certa cultura, dall’altro si capisce cosa intende Russo: che il sapere del passato, e i grandi sapienti che pur ci sono stati, non rendano timidi i suoi contemporanei, impedendo il sorgere di altri Grandi anche maggiori. La grandezza del passato – dice Russo con toni che sembrano qui anticipare Nietzsche – nuoce alla sublimità possibile del proprio personale ingegno. Ad ogni modo, il lavoro di questi sapienti deve individuare le linee portanti di un’istruzione che deve essere generale e garantita dallo Stato, così come deve essere uniforme il tipo di istruzione che viene fornito alla collettività.
Enzo Rega
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Pubblicato sul periodico dell'area vesuviano-nolana "Il Pappagallo"
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per una scheda informativa generale, vai su
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