giovedì 31 luglio 2008

Horcynus Festival 2008: i fatti di Reggio Calabria


Presentato nell'ambito della VI edizione del-l'Horcynus Festival a Messina-Capo Peloro il 26 luglio 2008



Fabio Cuzzola
Reggio 1970:
storie e memorie della rivolta

(Donzelli editore, Roma 2007)


Fabio Cuzzola nel libro, oltre che servirsi di fonti varie, sente le voci dei protagonisti, il che non può evitare una qualche forma di immedesimazione simpatetica. Come emerge anche nel dibattito tenutosi a Capo Peloro. Come si sa, quando si decise di spostare il capologuogo calabrese da Reggio a Catanzaro, nella città reggina esplosero incidenti che furono poi capeggiati dalla destra e dall'Msi. L'autore mette in evidenza come inizialmente le cose furono più complesse e meno individuabile la matrice ideologica. Tant'è vero che esponenti dell'estrema sinistra come Adriano Sofri di Lotta Continua si recarono lì per cogliervi le opportunità rivoluzionarie. Opportunità di protesta non colte poi dalla sinistra ufficiale, come mette in evidenza Cuzzola, per cui i fatti di Reggio sono diventati appannaggio appunto della destra: un'incapacità della sinistra di cogliere le istanze delle masse. Nel corso del dibattito, Paolo Minuto, docente all'Università di Reggio Calabria, ribadisce invece che il tipo di protesta "campanilistica" messa in atto aveva un indelebile carattere di destra e come tale va storicamente collocata, al di là della maggiore complessità che i fatti, nel loro sviluppo, ebbero. Cuzzola sottolinea comunque la necessità di prendere atto della storia locale - anche nelle scuole - al di là delle grandi tematiche solitamente affrontate.
Ma, osserviamo, in questo caso, il fatto locale di Reggio permette di fare un discorso più ampio contestualizzandolo nella storia italiana del tempo e nella strategia della tensione che allora stringeva il nostro paese. Senza dubbio è importante puntare sulla dimensione storica locale, ma non come alternativa "assoluta", che sostituirebbe una ormai imprenscindibile visione storica mondiale, ma accanto alla necessaria apertura globale. Come, ci sembra, fa il libro di Cuzzola.
______________

I fuochi del Sessantotto e dell'autunno caldo non sono ancora sopiti, quando scoppia, quanto mai inaspettata, una rivolta violenta nel Sud d'Italia. A Reggio Calabria i cittadini scendono in strada per protestare contro la mancata assegnazione del capoluogo regionale. È il 1970. Fra tentativi eversivi di golpe e infiltrazioni della criminalità organizzata, gruppi neofascisti, al grido di "Boia chi molla", raccoglie la bandiera dell'insurrezione: un caso unico nella storia dell'Occidente sotto l'egida del Patto Atlantico. Cosa rimane oggi della pesante eredità di quella rivolta? Qual è stato il prezzo pagato dalla città e dal Sud? Perché con il passare degli anni una tendenza costante ha tentato di rimuovere questo episodio cruciale della vita del nostro paese? Al centro della ricostruzione storica, la memoria, collettiva e individuale, di chi la rivolta la fece, di chi la subì, e di chi invece stette a guardare. La straordinaria combinazione di fonti orali - duecento interviste raccolte direttamente dall'autore - e di documenti inediti, fra i quali quelli custoditi al Foreign Office di Londra e per la prima volta portati qui alla luce, dà vita a un affresco unico di quello che è stato il sommovimento più aspro della Prima Repubblica.
_________________


































Foto di Enzo Rega; nell'immagine in apertura: (da sinistra) Giovanni Raffaele, Paolo Minuto, Massimo Barilla e Fabio Cuzzola. Nelle altre, immagini dalla mostra fotografica allestica nei locali del Parco Culturale Horynus Orca a Capo Peloro







ancora sull'Horcynus Festival

lunedì 28 luglio 2008

Il ponte sullo Stretto di Messina (rieccolo)

Ecco di nuovo il tormentone del Ponte sullo Stret-to. Non fa niente che la zona sia altamente sismica e ci sia uno spostamen-to delle due coste (calabrese e siciliana). Non fa niente che l'enorme cantiere dei lavori non potrebbe essere sostenuto in una città come Messina. Non fa niente che la rete viaria e ferroviaria siciliana sia disastrata. Non fa niente che l'autostrada Salerno-Reggio Calabria sia nelle condizioni che si sanno. Non fa niente che gli autotrasportatori preferiscano imbarcarsi. Non fa niente che i turisti (soprattutto quelli stranieri) in Sicilia arrivino preferibilmente in aereo.
Ma il Ponte - dice qualcuno - s'ha da fare. E' una priorità. Così, già si sa che i tagli delle Ferrovie italiane prevedono la soppressione dei treni che dall'Italia arrivano direttamen-te in Sicilia. In treno, si arriverà in futuro solo a Reggio Calabria, si scenderà, ci si imbarcherà a piedi, e si riprenderà il treno a Messina. Così tutti diranno: ci vuole il Ponte! Le navi delle ferrovie sono ormai vecchie e non si pensa di costruirne di nuove. E' antieconomico, si dice. E così, invece di migliorare e potenziare le strutture che ci sono, avanti con il Ponte!
Tra l'altro, i lavori avranno un forte, tremendo impatto ambientale. Anche questo non conta. E a farne le spese saranno i laghi di Ganzirri che sorgono prorio là dove dovrebbe essere costruito un pilone. Guardateli nelle foto: bisogna proprio distruggerli (come si sarebbe detto nell'Ottocento) in nome del progresso? O piuttosto dei forti interessi politgici, economici di qualcuno?






foto

di

Enzo Rega



sabato 26 luglio 2008

Leggi ad personam e ad cetum (si può dire?)

Lo storico Hobsbawm, in tempi non sospetti, prediceva l'allargamento della forbice sociale con un aumento della differenza tra chi ha e chi non ha. Il mondo va di nuovo polarizzandosi da un punto di vista economico-sociale. Marx parlava - come tutti sanno, ma molti hanno dimenticato - di sovrastruttura per indicare l'insieme di elementi culturali e istituti giuridici con i quali la classe domininante legittimava e conservava i propri privilegi.
Ecco, applichiamo le due cose all'Italia odierna. I nuovi e vecchi ricchi non hanno più pudore. Si fanno leggi sempre più severe contro gli immigrati e si depenalizzano i reati di quelli che Wright Mills chiamava "colletti bianchi" (o meglio, di chi sta più in su dei colletti bianchi stessi).

martedì 22 luglio 2008

Il Bossi e l'unità d'Italia

Un ministro della Repubblica italiana, tale signor Bossi (il quale ha poco di onorevole - almeno nella rozzezza dei modi e delle idee) ha salutato con l'anglo-americano indice teso il riferimento a Roma nell'Inno italiano. Ora, pur essendo poco nazionalistici, non possiamo non riconoscere, contro il (poco)signor Bossi, che l'unità nazionale, che si identifica nella capitale romana, è cosa che - pur nel consesso europeo, nonché nella dimensione planetaria - che ci sta a cuore.
Nonostante i limiti che aveva - rivoluzione passiva per estendere il giudizio che Cuoco dava a quella napoletana del 1799 sostanzialmente ribadito da Gramsci a livello nazionale -, l'epopea risorgimentale, con le sue idee liberali nonché democratiche, rimane per noi importante.
Il Bossi, poi, completava il suo delirio, con il ribadire l'ostracismo per gli insegnanti meridionali nel Nord Italia. Ebbene, non ricorda, il senatùr, che una volta erano gli insegnanti settentrionali a emigrare al Sud, allora poco scolarizzato e quindi privo di classe docente, in cerca di lavoro, per poi tornare a casa propria, messo insieme il punteggio necessario?
E poi lo sa - come lo sa il sottoscritto che per più di un decennio ha insegnato, volentieri e trovandosi bene, in Lombardia - che i settentrionali, i suoi padani, amano poco l'insegnamento in quanto lavoro mal retribuito avendo lì altre possibilità occupazionali ("eh, voi meridionali cercate il posto fisso", dicevano i miei simpatici, cordiali e affettuosi padroni di casa di Villastanza di Parabiago: ma senza un posto fisso, e statale magari, per noi era impossibile mantenersi, non avendo lì una famiglia alle spalle).
E dimentica, el sciur Bossi, che quell'unità d'Italia, che lui tanto depreca, è avvenuta favorendo i ceti industriali e produttivi settentrionali a scapito di un Sud che ha svolto il ruolo di colonia che offriva un mercato alla produzione della madrepatria - che nel nostro caso era il Nord. Quel Sud che poi ha offerto forza lavoro a buon mercato alla nostra industrializzazione, quella forza lavoro adesso offerta dai tanto odiati (dai leghisti) lavoratori stranieri.
Un po' di memoria storica, signor Bossi, non solo per ricordare i Celti o la lotta della Scozia contro l'Inghilterra che tanto le piace.
Si compri piuttosto un bel bignami di storia italiana.
E se Roma le fa così schifo, rinunci al bell'appannaggio che in quella città le assegnano!...
p.s. Avete visto ieri sera in televisione, sulla 7, il film Napoletani a Milano (1953) di Eduardo De Filippo? Bene, una risposta, trasmetterlo in questi giorni, agli odi bossiano-leghisti. Un film "buonista" sull'incontro, nel lavoro, fra meridionali e settentrionali, con un capitalismo dal volto umano...
p.p.s. in conclusione, una mia nota biografica scritta in occasione di una lettura pubblica:
Enzo Rega - nato a Genova da genitori originari della provincia di Napoli, ha vissuto a lungo in Lombardia e si è sposato in Sicilia, realizzando una personale unità d'Italia

mercoledì 16 luglio 2008

Ancora sulla in-civiltà dei consumi

PALMA CAMPANIA (NA)
16 luglio 2008


Continuia-mo il piccolo reportage iniziato qualche giorno fa (vedi Post precedente). Lì documentavamo come - con le campane vuote - i sacchetti con il vetro fossero stati abbandonati tutt'intorno. Colpa di chi: cittadini o amministrazioni pubbliche? Bene, in questa foto di oggi vediamo che sono scomparsi i sacchetti precedenti, ma intanto se ne stanno accumulando degli altri. Chi è non fa il proprio dovere, in questo caso? Cittadini o amministratori? Fermo restando - lo ripeto - le responsabilità di chi amministra, qui la riposta è chiara. La maleducazione dei cittadini continua. Queste cose bisogna avere il coraggio di dirle, e prendersela anche con la gente, quando è il caso. Se il sud è stata la culla della civiltà occidentale, oggi ne sta diventando la tomba.

venerdì 11 luglio 2008

(In)civiltà dei consumi... e dei rifiuti


PALMA CAMPANIA (NA) 11 luglio 2008


Qui siamo a lato dell'Ufficio postale di Palma Campania, in via Marconi. Le campane del vetro sono vuote e tutt'intorno sacchetti abbandonati come in un'ennesima discarica su suolo pubblico non predisposto. Ora, sappiamo tutti i problemi della raccolta dei rifiuti in Campania, le colpe della camorra, da un lato, e delle istituzioni pubbliche, dall'altro. E ciò ovviamente va ribadito e su questo fronte bisogna combattere.Ma qui non c'entra la camorra e fino a un certo punto l'inadempienza pubblica (cosa dovrebbe fare il comune: mandare netturbini a infilare le bottiglie nelle campane? mandare più spesso gli addetti alla raccolta differenziata?). Qui c'entra la mancanza di senso civico e - diciamolo - la maleducazione del cittadino. Si arriva fino alla campana e poi non si ha la forza - la voglia - di cacciare i singoli pezzi dal sacchetto e riporli dove di dovere. E' un senso di sciatteria, di trasandatezza, come di un colletto unto, di una cravatta sporca e sfilacciata, di un risvolto di pantalone ripiegato e infangato. E' come se una persona camminasse così per indolenza... ma quella che, in questo caso, sarebbe malaccortezza personale, diventa, per questi sacchetti, inciviltà pubblica.Qualcuno osserva che anche questi comportamenti dei cittadini sono frutto della mala amministrazione pubblica. Se vede intorno a sè un disservizio generale, il cittadino si chiede perché debba mantenere, lui, un comportamento virtuoso. Mah. Ma è questa la "social catena" distorta: se invece ciascun cittadino - fino al cittadino-pubblico amministratore - facesse il proprio dovere, solo il proprio dovere, senza la scusante eventuale degli altri, molte cose sarebbero diverse. Il medico protagonista della Peste di Albert Camus questo ribadisce: nella lotta contro il morbo ha fatto solo il proprio dovere.Così, per i sacchetti abbandonati invece nelle periferie di questo paese - dove si effettua la raccolta differenziata e dove quindi, almeno finora, non si verificavano le situazioni di altri comuni campani - si trova la stessa scusante. Oppure, qualcuno dice, vengono dagli altri paesi dove non ne possono più, e scaricano qui per non far crescere i cumuli nelle proprie strade.

Non so... e comunque quest'esportazione della 'monnezza' non è la soluzione.