lunedì 23 febbraio 2009

Una criminale omissione di soccorso planetaria

Bambini e donne stanno morendo perché coloro che hanno il potere di prevenire quelle morti hanno scelto di non agire. Questa indifferenza – da parte di politici, amministratori, donatori, finanziatori della ricerca, da parte della stessa società civile – è il tradimento della nostra speranza collettiva per una società più forte e più giusta; per una società che dà valore a ogni vita, indipendentemente da quanto giovane o nascosta agli occhi del pubblico questa vita possa essere.

Richard Horton, «Lancet», Vol. 371, April 12, 2008, p. 1219.

La morte, ogni anno, di 10,8 milioni di bambini di età inferiore ai 5 anni che – nel 90% dei casi – si verifica nei paesi più poveri del pianeta; 10,8 milioni di decessi che potrebbero essere in larga parte (63%) evitati garantendo l’accesso a servizi sanitari di primo livello, tanto efficaci quanto economici (terapia della diarrea con reidratazione orale – solo con questo intervento si eviterebbero oltre 1,4 milioni di morti –).

Gavino Maciocco e Adriano Cattaneo, Pref. a Salute globale e aiuti allo sviluppo. Diritti, ideologie, inganni, 3° rapporto dell'Osservatorio italiano sulla salute globale, Pisa, ETS, 2008, p. 7.



Nel vertice mondiale dell’alimentazione del 1996 i leader di 185 paesi presero l’impegno di dimezzare il numero dei sottonutriti entro il 2015; dai dati Fao relativi al 2008 di cui dispongo da allora c’è stato un aumento a 923 milioni, da 800 milioni di allora. Parecchi di essi sono bambini. Stringo in braccio la mia bambina di un anno mentre leggo questi dati proprio mentre tante persone in Italia, la chiesa, i politici, hanno preso a cuore, come era giusto, il caso di Eluana. Non sono capace, lo confesso, di entrare con le mie limitate conoscenze sul campo in questioni complesse, scientifiche, giuridiche, etiche, religiose, che il dibattito continuo, assordante ha suscitato, che vanno oltre il caso di Eluana conclusosi con la sua morte. Mi pongo però vari interrogativi che il precedente di Eluana suscita in me: stato vegetativo permanente / coma irreversibile, cose diverse, certo, ma come si ha la certezza che il primo dopo anni diventi il secondo? Da un fatto semplicemente statistico? E' sempre delimitabile con certezza la soglia? Non so rispondere, non mi rimane che la mia ignoranza in materia di scienza. Ma non mi sembra, da quel che sento, che la scienza stessa possa dare facili risposte. L’alimentazione artificiale con il sondino è sempre da fornire in ogni caso, obbligatoriamente come alcuni propongono o, in forma meno impegnativa, non si può negare a nessuno in nome della vita o dovrà essere legata al testamento biologico, alla volontà del singolo (ciò che è parte del dibattito su una legge in Italia che è da farsi?) Significa davvero vita, poi, lo stato vegetativo permanente una volta acclarato e con alimentazione artificiale o è la macchina che, contro il corpo stesso che naturalmente si spegnerebbe lo mantiene appunto artificialmente e forzatamente in una vita non più degna di questo nome? Quali e quanti casi poi diversi, in relazione alle funzioni vitali e capacità (respirazione, deglituzione autonome ecc.) può presentare ciò che univocamente viene chiamato “stato vegetativo permanente”? Tutto queste domande convergono poi su una sola: quando scientificamente la terapia diventa accanimento teraupetico? Con quale certezza si può stabilire il limite? In altre parole quali i casi in cui il sondino che ti mettono nella pancia per alimentarti può essere il mezzo che ti fa ritornare poi alla vita, o produce un miglioramento, in una ripresa di tutte /alcune funzioni vitali o è (se sì, in quali casi?) un mezzo per prolungare anche per anni contro natura e con accanimento un qualcosa che si chiama vita ma forse non lo è più e nessuna ripresa, nessun miglioramento è possibile? In tutti questi anni di “incoscienza” il paziente potrebbe percepire il dolore seppur appunto “incoscientemente”? Ma il coma, lo stato vegetativo in definitiva cosa sono? Sappiano cosa si prova nel coma? C’è qualcosa che (lo spirito, la coscienza?) esce dal corpo e dapprima vede i medici o i soccorritori che cercano di rianimarlo, poi passa attraverso un tunnel o in altre realtà di luce suono? Non è una della centinaia di testimonianze scritte in certi libri è quello che io stesso ho ascoltato direttamente dalla voce di un mio amico, grande scrittore, persona degna di ogni fede, che mi ha raccontato la sua storia di “ritornato”. Allora per tutti gli anni in cui una macchina ti tiene in vita, se è vita, il nostro essere sarebbe sospeso invece in una pre-morte, sorta di limbo tra la vita e la morte? Ma anche per questo alcuni danno una spiegazione scientifica, sarebbero i danni cerebrali a produrre soltanto delle allucinazioni. Ma chi può provarlo? Comunque le domande per me sembrano moltiplicarsi all’infinito e ciò sarà frutto, in parte, della mia ignoranza, non solo in materia di scienza. Ma questa stessa confessa in tale materia i propri limiti. L’aspetto giuridico, che si lega a quello morale, non potrà ignorare alcuni degli interrogativi che, credo, si pongano in molti e quindi, sebbene una legge sia necessaria per colmare il vuoto, essa non potrà fare a meno di consulenze scientifiche, su cosa significa terapia, cura, cosa non lo è, cosa significa accanimento teraupetico. Ma la coscienza, poi, l’etica, la fede di ognuno? La possibilità di decidere del proprio corpo e della propria vita, la propria volontà dovranno essere salvaguardate? In questa materia non sempre il giudizio individuale coincide con ciò che fa o farà il Parlamento. Comunque la legge dovrà colmare un vuoto che c’è e non sappiamo, dobbiamo sperarlo, se lo colmerà nel modo più giusto, data le difficoltà della questione.
A sentire poi la mia di coscienza in questi giorni mi sono detto: sarà un bene che tutti si interessano di Eluana, che ne parlino Radio, giornali, televisioni? Mi dicevo: il dibattito si è acceso poiché intorno ad una persona, cosciente o no, che è in uno stato di sofferenza; poiché il caso è difficile, così come tutti gli interrogativi che può e deve suscitare; poiché la vita è il bene per eccellenza da salvaguardare; poiché tutti insieme si cerca una risposta ad un caso così intricato. Una voce in sottofondo, d’altra parte, mi controbatteva: è un male invadere la sfera privata, proprio per rispetto della sofferenza, attraverso un continuo bombardamento mediatico. Meglio sarebbe il silenzio. Ancora riflettevo: la Chiesa si batte per la vita e lo testimonia con le sue tante missioni nel mondo quindi è ovvio che faccia sentire la sua; politici animati dalle proprio convinzioni e dalle proprio fedi si sono battuti, come in un arena; persone si sono buttate sull’autombulanza gridando: “risvegliati” e hanno tentato di bloccarla: tenevano, voglio credere, a quella persona, alla vita di una persona. Ma sempre la mia coscienza, quel grillo parlante di collodiana memoria, mi diceva di meditare con profondità su questi avvenimenti e di chiedermi / di chiederci infine: i politici italiani che tanto hanno preso a cuore la vicenda di Eluana prendono a cuore, ovviamente in quanto politici di professione e ben pagati, con tutti i poteri, le conoscenze, le relazioni internazionali che hanno, tutti i loro mezzi e possibilità di intervento mediatico e di comunicazione e capacità di influenza sulle coscienze, la morte per fame di milioni bambini come quella che stringo in braccio, nel Sud del mondo come in ogni parte? Di donne, uomini nel pieno delle loro facoltà mentali che agonizzano mentre io inutilmente scrivo e loro sono sempre in TV? Non credo che non c'entri nulla il cambiamento di prospettiva: spesso è utile guardare ai fenomeni collettivi e politco-sociali da più punti di vista. Non sto accusando loro di quelli morti, sia chiaro, più di quanto non accusi me stesso che mangio tutti i giorni e non faccio mai abbastanza, come vendere la casa, separarmi da mia moglie (non mi seguirebbe) e dalla mia bambina e andare a fare il missionario o il benefattore in Africa a tempo pieno. Sto solo dicendo: anche quei milioni sono come Eluana. Non saranno italiani ma sono persone, esseri umani. Bisognosi di idatrazione e di cibo. Si è tanto insistito sul fatto che negarlo a lei è un omicidio. Come è responsabilità di tutti noi e dei nostri governanti, come dei governanti del mondo, che sono la guida e dettano le scelte e le priorità, gli interventi sociali, politici, economici, non impegnarsi fino allo stremo per darlo a tanti che ne hanno bisogno come Eluana: se non è uno sterminio di massa, almeno è una omissione di soccorso planetaria. Anzi, loro lo chiedono nel possesso delle loro facoltà. Se nel caso di Eluana ci sono dubbi se avrebbe voluto il sondino o non lo avrebbe voluto, e ci sono volute anni di sentenze a più livelli, per milioni di persone la cosa è semplice, c’è la certezza. C’è la certezza che vogliono quel pane e mortadella che diversi portavano alla Clinica dove si è chiusa la vicenda umana di lei. Mi si dirà che difendendo Eluana difendiamo la vita in generale: vale quindi anche per loro, per preservare e salvaguardare la vita dovunque. Questo è giusto: i principi morali sono quelli che entrano nella nostra coscienza e nei nostri comportamenti. E’ fin troppo ovvio. Ma spesso ciò succede solo in teoria. Perché, mi chiedo, nei fatti, noi, società civile, ci dimentichiamo di scagliarci tutti sui camion che trasportano le vivande sulla nostre tavola di persone che almeno mangiano e li condividiamo con chi non ha neppure un solo bicchiere d’acqua? Forse i fiumi di champagne o di spreco quotidiano di seppelliti nella “monnezza”, anche spaziale, riteniamo non servano ad idratare?
Ancora: la chiesa fa tutto ciò che è in suo potere o talvolta vi sono anche spese inutili che potrebbero essere destinate ai nostri fratelli poveri e affamati? Secondo il quadro riassunto da Raphael Zanotti su «La stampa» del 4 agosto 2008, la «Chiesa Cattolica destina solo il 20% di quello che riceve con l’8x1000 per fare della carità (fonte Cei)». Non si può fare di più? E lo dico ben sapendo che è la Chiesa che ci insegna cosa significa essere fratelli e consapevole di ciò che di eccezionale fanno tanti preti, suore, missionari nel mondo per aiutare i poveri. Le cifre date dallo stato, in quello stesso articolo, si commentano da sole: «Tra il 2001 e il 2006 lo Stato italiano, attraverso l’8x1000, ha destinato all’Africa 9 milioni di euro per combattere la piaga della fame: un quinto di quanto ha dato per la regione Lazio (43 milioni). E pensare che il Continente Nero, con i suoi oltre 800 milioni di abitanti, ha preso più degli altri. All’Asia, 4 miliardi di individui, è arrivato un milione e mezzo: il prezzo di una villa in Sardegna. O se si preferisce un quarto di quanto il governo ha stanziato - prelevandolo dallo stesso fondo - al solo Molise (7,2 milioni di euro)». Nessuno, né io ne voi né alcuna istituzione, è ovviamente esente da mancanze e da errori. Ma un problema che riguarda milioni di persone si può risolvere solo con uno sforzo immane di tutti, un impegno delle coscienze consapevoli di un errore, impegno organizzato con l’azione di gran parte degli stati, Chiese, istituzioni, associazioni del mondo o di almeno quelli che credono nella vita, nella solidarietà, nei diritti dell’uomo per promuovere la fine delle emergenze e l’auto-sviluppo di quei fratelli sfortunati. Mi si dirà: già c’è questo impegno. Me se le cifre parlano di milioni di morti per fame o per disidratazione da diarrea ancora oggi allora qualcosa va cambiato (nel vertice mondiale dell’alimentazione del 1996 i leader di 185 paesi presero l’impegno di dimezzare il numero dei sottonutriti entro il 2015; dai dati Fao relativi al 2008 di cui dispongo, da allora c’è stato un aumento a 923 milioni, da 800 milioni di allora ). Così come, per aggiungere un altro elemento allo stesso quadro apocalittico, occorrerebbe anche nella Chiesa si riflettesse sulla necessità di un aggiornamento del modello di educazione globale in realtà disastrate come quelle del Sud del Mondo ivi compresa la possibilità della pianificazione di metodi contraccettivi che educhino a non diffondere l’AIDS, che fa, come e insieme alla fame, milioni di morti nelle realtà africane e altrove. Penso che in queste realtà valga ancora di più quanto dice lo stesso Pontefice: «nel cammino della coppia possono verificarsi delle circostanze gravi che rendono prudente distanziare le nascite dei figli o addirittura sospenderle». Se ciò è ammesso in alcune circostanze in occidente con dei metodi naturali, che non offendano la persona e il proprio corpo, né il dono della sessualità, in Stati in cui il pericolo dell’AIDS ha percentuali altissime e vi sono circostanze non gravi, ma gravissime, non comprendo perché esse non producano, anche da parte della Chiesa, una riflessione sulla necessità dell’educazione alla contraccezione e su metodi che evitino milioni di malati e morti per Aids per una sessualità che offende la persona, anzi diventa una sorta di arma biologica. Cosa difficilissima da fare, certo, ma anche impiantare una scuola, ospedali o catechizzare in quelle realtà è difficile, e si fa spesso a rischio della vita. E ciò rimane ammirevole e ha dato molti frutti. Ma un’educazione integrale deve salvare l’anima ma certamente anche il corpo prima che esso si ammali per un comportamento sessuale da correggere in quanto pericoloso per la vita stessa. E gli africani, ad esempio, non hanno fatto voto di castità. Continueranno ad ammalarsi e a morire. Questa è la triste realtà. Allora credo che nella mia vita, nella vita della nostra società occidentale che si definisce progredita, cristiana, protestante o cattolica che sia, qualcosa va cambiato o in pratica tutto. Un ultimo un mio desiderio, che è un’utopia e una speranza: se la vita democratica in Occidente come in Italia vuole che tutti partecipino e scelgano i loro rappresentanti attraverso il voto, prima manifestazione di democrazia, come cittadino che vota ed è rappresentato dalle e nelle istituzioni vorrei che i politici italiani, dando l’esempio, parlassero tutti i giorni, come hanno fatto per Eluana, dell’immenso crimine planetario di omissione di soccorso: ai “salvati”, che certamente sono il risultato dello sforzo di uomini e varie istituzioni di buona volontà, si oppongono ancora le cifre dei “sommersi”, milioni che aspettano cibo e acqua. Dovrebbe essere il primo pensiero di ognuno di loro, di noi società civile, il pensiero di ogni giorno se siamo veramente uomini che difendono la “vita”. Ma non vedo proprio i politici impegnati in questa discussione, almeno con quella stessa energia e voglia di azzuffarsi, che hanno riversato su di un caso singolo alla sua conclusione e nel suo picco mediatico, dopo ben otto anni che il padre di Eluana aveva chiesto un intervento ed era stata nominata pure una commissione parlamentare. Farisei, sepolcri imbiancati? Pronti a strumentalizzare tutto in nome dell’ideologia o del proselitismo? Non so dare una risposta. Certo è facile dire: “Chi salva una vita, salva il mondo intero” come per il tentativo di salvare Eluana. Il principio del Talmud è sicuramente giusto. Ma non vorrei che si trasformasse in un alibi, che fosse questa l’epigrafe sepolcrale da scrivere su milioni di tombe ogni giorno dimenticate, su cui i riflettori per accendere le coscienze e promuovere un dibattito cui seguano azioni urgenti e tempestive a tutti i livelli sono sempre troppo spenti in rapporto al problema. Epigrafe decretata da una società del benessere attenta ad ogni sussulto del pil o di chi sa quale altro indice, attenta alle proprie fedi e ideologie, allo spostamento dei voti nei sondaggi e all’audience televisiva, al protagonismo mediatico interno dell’Occidente ma non ai casi di chi non ha voce e non può votare. E non ha potere né televisioni! Sempre che si parta da un’ottica cristiana del dar cibo all’affamato, qualunque colore di pelle e nazionalità abbia. O si continui nello scambio ineguale con i paesi del Sud del mondo o in altre forme di omissione di stato che sono parimenti criminose per chi pure si definisce difensore della vita e contro la morte per fame.
CARLANGELO MAURO

Nessun commento: