Sono più di 130mila. È l’esercito dei docenti precari che ogni giorno consente alla scuola statale di funzionare. E guadagnano pochissimo. Lo stipendio di un docente precario, se ha la cattedra completa, si aggira mediamente intorno ai 1.100-1.200 euro. Una cifra che non aumenta con l’anzianità, perché ai docenti non di ruolo non spettano gli scatti di anzianità. Ma in ogni caso lo Stato non può permetterseli e quindi dal 1° settembre molti di loro resteranno a casa.
Il prossimo anno scolastico inizierà infatti con 42.100 docenti in meno; dal 2010 saranno tagliate altre 25.600 cattedre e, infine, dal 2011, ci sarà un’ulteriore riduzione di organico di 19.700 posti di insegnamento. In tutto: 87.400 cattedre in meno a regime entro i prossimi 3 anni. I tagli sono previsti dall’articolo 64 della legge 133/2008 (la legge di conversione del decreto legge 112/2008).
I tagli alla rete scolastica
Con l’aumento del numero di alunni per classe l’amministrazione conta di tagliare 12.803 cattedre: 6.866 dal 1° settembre, 2.989 dal 2010 e 2.948 dal 1° settembre 2011. Il rischio è quello di far saltare definitivamente i parametri della capienza delle aule che, secondo la normativa vigente, dovrebbero garantire 1,80 metri quadri netti per persona nelle scuole dall’infanzia alle medie e 1,96 metri quadri, sempre netti, nelle scuole superiori. I limiti sono contenuti nel decreto interministeriale 18 dicembre 1975, emanato dai ministeri dei lavori pubblici e della pubblica istruzione. La materia, peraltro, è riserva di legge regionale (legge 23/96) ma le Regioni non hanno ancora provveduto a regolarla e quindi il decreto resta ancora in vigore.
Altre 5.220 cattedre salteranno con la riconduzione delle cattedre delle secondarie a 18 ore: un’operazione che cancellerà definitivamente le cosiddette “ore a disposizione” che vengono utilizzate dalle scuole per le sostituzioni.
Si tratta quindi di una misura che rischia di incrementare il fenomeno deteriore della divisione degli alunni un po’ per classe quando manca l’insegnante e non c’è nessuno che possa sostituirlo.
Altre 1.307 cattedre saranno cancellate per rimettere in pari i conti del Ministero dell’Istruzione, che sta pagando gli effetti della cosiddetta clausola di salvaguardia: una disposizione della Finanziaria dell’anno scorso, che prevedeva una decurtazione dei fondi del Ministero dell’Istruzione anche se l’amministrazione scolastica non fosse riuscita a ridurre le spese. Come poi in parte è successo.
Con la riduzione dei posti di insegnamento nei centri per l’educazione degli adulti (le vecchie scuole serali) il dicastero guidato dal Mariastella Gelmini conta di apportare un taglio di altre 2.063 cattedre a regime nel triennio. E infine dovrebbero saltare anche 700 posti di dirigente scolastico. Fin qui i tagli alla rete scolastica. Vale a dire: la riduzione di posti che opererà diffusamente in tutti gli ordini di scuola, fatta eccezione per la riconduzione a 18 ore che interesserà solo le secondarie.
I tagli scuola per scuola
E poi ci sono le riduzioni di posti mirate sui vari ordini di scuola.
Nel primo ciclo, la scuola elementare (che oggi si chiama primaria) pagherà il prezzo più alto.
La riduzione dell’orario di lezione a 27 ore settimanali, che andrà gradualmente a regime dalle prima classi, in 3 anni lascerà sul tappeto 8.366 cattedre: 2.736 dal 1° settembre, 2.808 dal 2010 e 2.822 dal 2011.
La riduzione delle compresenze comporterà un taglio di 7.031 cattedre già dal 1° settembre e altre 2.107 dal 2010: in tutto 9.138 cattedre.
La cancellazione della figura dell’insegnante specialista di Inglese determinerà invece la cancellazione di 11.200 cattedre a regime dal 2011.
Insomma, i moduli andranno in pensione già dal prossimo anno e l’Inglese sarà insegnato da maestre non laureate in Lingue straniere. In buona sostanza, dunque, la riforma comporterà un utilizzo fungibile degli insegnanti, che non opereranno secondo le specializzazioni acquisite sul campo con l’esperienza dei moduli e dell’Inglese, ma si occuperanno praticamente di tutte le discipline.
Con la sola eccezione della Religione cattolica.
Nella scuola media (la dizione attuale è : “Scuola secondaria di I grado”) il taglio, in senso assoluto, sarà inferiore rispetto alla scuola elementare, ma in proporzione sarà ancora più sensibile. Specie se si pensa che il corso di studi è triennale, contro i 5 anni della scuola elementare.
L’amministrazione conta, infatti, di ridurre il tempo scuola a 30 ore la settimana, contro le attuali 33. E da questa operazione dovrebbe derivare un taglio di 6.285 cattedre a regime nel 2011.
Con l’eliminazione della sperimentazione della seconda Lingua straniera cadranno 1.166 cattedre. E dall’eliminazione delle ore a disposizione dei docenti di Lettere verrà fuori una riduzione di organico di 3.142 posti di insegnamento.
È prevista inoltre una forte riduzione del tempo prolungato, dal quale l’amministrazione conta di ricavare un taglio, a regime, di 8.710 cattedre.
Nelle scuole superiori la riduzione di organico sarà effettuata dal 1° settembre 2010. Fermo restando le riduzioni di cattedre che deriveranno dai tagli strutturali alla rete scolastica, che scatteranno già dal prossimo anno (per esempio: la riconduzione delle cattedre a 18 ore). Nei licei salteranno 4.378 cattedre, nell’istruzione tecnica 5.748 cattedre e negli istituti professionali 4.671.
È prevista , infine, una forte riduzione del numero degli insegnanti tecnico pratici, che comporterà la cancellazione di 2.503 cattedre.
L’esodo verso la pensione
Nel frattempo è scattato il grande esodo verso la pensione, che quest’anno si preannuncia molto cospicuo. Le domande stimate dall’amministrazione sono circa 50mila e quelle già acquisite a sistema sono oltre 28mila. Un numero destinato a crescere perché le istanze sono talmente tante che gli uffici faticano a stare dietro agli adempimenti.
L’esodo è una buona notizia per i docenti precari, perché a fronte di un numero di tagli così elevato, l’aumento dei pensionamenti compensa almeno in parte le ansie di rimanere a casa senza lavoro. Ma non basta. Tanto più che la riduzione di organico rischia addirittura di mettere in pericolo i posti di lavoro dei docenti di ruolo, soprattutto al Sud. Nel Meridione d’Italia, infatti, il calo demografico dura ormai da molti anni e cancella sistematicamente molti posti di lavoro, non compensati dal turn over. E quest’anno i tagli rendono la situazione ancora più preoccupante.
In più si fa avanti lo spettro del licenziamento dei docenti di ruolo: un’ipotesi espressamente prevista dall’articolo 34 del decreto legislativo 165/2001.
Il procedimento non è automatico, ma non è nemmeno impossibile.
La normativa (art.33 della stesso decreto) prevede prima che i soprannumerari in esubero vengano avviati a corsi di riconversione obbligatori, per verificare la possibilità di un ricollocamento in altre discipline di insegnamento. Ma se al termine del corso l’incollocabilità persiste, si tenta la mobilità intercompartimentale e, se nemmeno in questo caso è possibile trovare un posto di lavoro ai soprannumerari, scatta l’inserimento nelle liste di disponibilità a stipendio ridotto e, dopo 24 mesi, il licenziamento (art.34).
Pubblicato il 27/02/2009 su TRECCANI.IT
*Dirigente sindacale, collabora con quotidiani giuridici, riviste specializzate ed enciclopedie con commenti sulla giurisprudenza e la normativa scolastica.
Nessun commento:
Posta un commento